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Enrico IV (1922) è uno dei drammi più riusciti di Pirandello. Il protagonista, a causa di una caduta da cavallo provocata dal suo rivale in amore, crede per dodici anni di essere Enrico IV. Tornato in sé, finge di essere ancora pazzo, unico modo per sottrarsi alla realtà. «Egli non ha forma: l’ha perduta, un giorno, con la giovinezza e l’amore, nella “storica” cavalcata di un carnevale borghese, nel tradimento della società ingiusta e corrotta. Gli è rimasta un’immagine vana, fissata nel quadro della sala del trono, specchio irridente e misura tragica del suo non consistere. È solo, maledetto nel ritmo inarrestabile del suo divenire, preda della molteplicità, della relatività senza scampo».
L’opera, da molti considerata il suo primo capolavoro, fu nella sua prima edizione pesantemente rimaneggiata da Edward Garnett (a cui peraltro è dedicata) che ne cancellò un’ottantina di brani, circa un decimo della lunghezza. Fu solo nel 1922 che ne venne pubblicata una versione in cui fu recuperato il testo integrale originale. In questo libro viene messo in risalto l’attaccamento quasi morboso che una madre prova verso il proprio figlio prediletto, non essendo amata dal marito: è il complesso di Edipo da poco messo chiaramente in luce dalla psicoanalisi di Sigmund Freud. Il rapporto affettivo che lo tiene legato diventerà sempre più per il giovane una catena fisica e psicologica, condizionandolo fino a rovinargli completamente l’esistenza.
Questo romanzo, pubblicato nel 1890, fa parte del gruppo di romanzi che Cordelia dedicò alle donne nel tentativo di gettare semi di autocoscienza nel mondo femminile. Erano trascorsi dodici anni da quando la scrittrice aveva esordito con Il regno della donna, vera apologia della vita domestica e delle virtù femminili. Ma nel frattempo il temperamento attivo e propositivo di Virginia-Cordelia l’aveva condotta a mutare radicalmente la sua idea del ruolo delle donne.
Virginia Tedeschi-Treves, nota anche con lo pseudonimo di Cordelia (Verona, 22 marzo 1849 – Milano, 7 luglio 1916), è stata una scrittrice italiana.
Virginia Tedeschi-Treves, nota anche con lo pseudonimo di Cordelia (Verona, 22 marzo 1849 – Milano, 7 luglio 1916), è stata una scrittrice italiana.
“L’imbecille” è una novella che fa parte della raccolta “Novelle per un anno” di Luigi Pirandello.
Una serie di omicidi avvolgono il circuito ippico di Milano. È estate, e la stagione sta entrando nel vivo. Il barone Verbena è il proprietario di Vergine, la cavalla purosangue data come favorita da tutti gli addetti ai lavori. Quello che succede ha però del terrificante: i fantini nominati a montare Vergine vengono a uno a uno uccisi. Il commissario De Vincenzi, sorpreso dalle atrocità commesse, si troverà di fronte a un caso tra i più contorti e complessi della sua carriera. Qual è il mistero dietro questa maledizione? E perché proprio Vergine? “Il mistero della Vergine” è uno dei romanzi scritti da De Angelis con De Vincenzi come protagonista. Caratterizzato da un’ambientazione noir e da un commissario umanista e riflessivo, questo giallo intratterrà il lettore con colpi di scena mozzafiato e misteri oscuri e apparentemente irrisolvibili. Augusto De Angelis (1888—1948) è stato uno scrittore e giallista italiano. Da molti considerato l’inventore del giallo all’italiana, è il creatore del commissario De Vincenzi. Per via delle pesanti limitazioni che il regime fascista imponeva sui romanzi gialli (il colpevole, ad esempio, non poteva essere italiano), De Angelis è diventato famoso per intrecci di trama complicati dai tratti esotici e misteriosi.
Al Polo Nord si stende l’oceano, eternamente ghiacciato; al Polo Sud, uguale desolazione: qualche rara isola emerge in quel caos di nevi e di ghiacci; ma con rupi aspre e taglienti, prive di qualsiasi accenno di vegetazione, e dove si guarderebbero bene di fare il nido anche i pinguini, animali di facile contentatura. Molti si domandano perchè, nonostante i poco confortevoli resultati dei viaggi nelle regioni polari, anche oggi si continua a profonder quattrini e ad arrischiar vite umane in si mili imprese che non hanno alcuno scopo ideale o pratico.
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